Minimalismo: quando il meno vale di più
Cos’è il minimalismo? Less is more non è solo uno slogan sempre valido con cui sintetizzare il concetto di puntare sulla qualità e non sulla quantità ma una vera e propria impostazione mentale.
Si tratta di un concetto che ci aiuta a riflettere su come i troppi stimoli non facciano altro che spostare il focus da quello che è veramente importante su cose che in realtà sono dei riempi-tempo. Così come il sentirsi bombardati di informazioni da chi continua a pubblicare intensamente sui social network per soddisfare un algoritmo. E ancora la convinzione che fare tante cose e male (come inevitabilmente succede) non potrà mai essere bello come fare poche cose, importanti e bene.
Così, in una società che ci vuole sempre iperconnessi, disponibili e informati ho iniziato a fare qualche ricerca per capire se nel mondo esistevano altre persone che si sentivano come me. E approfondendo ho scoperto che esisteva un movimento con una vera e propria etichetta (cosa che comunque non tanto mi piace) con cui definire quest’attitudine.
Minimalismo, appunto. A volte si tratta di scelte radicali raccontate in alcuni video, podcast o libri o anche solo progetti (avete mai sentito cos’è il progetto 333?). Il più famoso è sicuramente quello dei Minimalists, persone che vivono con meno di 100 cose. Personalmente penso che qualunque cosa che finisca in -ismo abbia sempre un risvolto radicale ed eccessivo che non condivido o almeno così mi ha insegnato la mia professoressa delle scuole medie 😀
Preferisco sicuramente quell’adorata moderazione di cui parla Aristotele nell’etica nicomachea in cui si dice che la virtù è sempre nel mezzo e mai spostata spostata verso un eccesso o un altro. Ma quello che condivido del minimalismo è il concetto di prendere coscienza di quello che facciamo. Come nel caso di queste case piccole, che si stanno diffondendo, costruite in maniera ecosostenibile e che obbligano ciascuno a chiedersi quanto sia importante ciò che possediamo.
Davanti ad un oggetto, ci chiediamo perché lo vogliamo? Steve Jobs era un minimalista per eccellenza: pochi oggetti e di altissima qualità. Questo mindset si riflette nei suoi prodotti, ovviamente. L’iPhone così come il Mac sono oggetti esteticamente belli proprio per la loro semplicità.
Questo vale anche per molti artisti come pittori (es. il taglio di Fontana) o anche musicisti. Basti pensare all’essenzialità degli svedesi Sigur Ros, dove la complessità si basa su ogni singolo elemento ben calibrato.
E sicuramente mi sento di condividere questo approccio più che altro sposando anche la mentalità di Yvonne Chouinard, CEO di Patagonia che non mi stancherò mai di elogiare come il modello di business del futuro che racchiude tre parole chiave: qualità, comunità e sostenibilità.
Perché scegliere vuol dire non solo mostrare di avere le idee chiare ma anche di evitare la cultura dello spreco che sta prendendo sempre più piede. E forse la diffusione di programmi di digital detox ci sta insegnando anche questo. A spegnere il troppo rumore ed ascoltare.