Quest’intervista a Emanuele Barbati è stata originariamente pubblicata in newsletter e la riprendiamo sul sito 🙂
AI e Musica: Come l’intelligenza artificiale cambierà le cose se lo stanno ormai chiedendo tutti. Praticamente ogni settore promette di essere impattato dalla nuova tecnologia, se già non è stato rivoluzionato.
Dalla diagnosi medica al marketing, l’intelligenza artificiale è passata da buzz-word a motore silenzioso di trasformazione. E ovunque guardiamo, algoritmi imparano, prevedono e decidono a una velocità che sfida la nostra capacità di adattamento.
Ma dietro l’entusiasmo si nasconde la domanda cruciale: cosa significa, concretamente, per il nostro lavoro quotidiano?
Ad esempio, che senso ha ancora scrivere in maniera manuale? Cosa c’è oltre la soddisfazione personale? E quali impatti avrà questo nel lungo termine e sulle nuove generazioni?
Guardiamo le aziende ad esempio, che scoprono che i vantaggi vanno ben oltre il taglio dei costi: nascono nuovi prodotti, modelli di business inediti, creatività aumentata.
Allo stesso tempo chi produce contenuti vede nascere alleati che suggeriscono titoli, montano video e affinano melodie in tempo reale. Ma diciamoci anche una verità, quanto sono disturbanti queste voci robotiche su immagini di stock di viaggi o prodotti in vendita?
Eppure, il cambiamento è qui, quindi tutto quello che possiamo fare è metterci comodi (forse non troppo) e osservare come il futuro sta bussando alla porta con un cervello di silicio.
Musica, what’s happening?

Negli ultimi due anni il panorama della tecnologia musicale si è trasformato così rapidamente che, più che parlare di “tendenze”, si potrebbe parlare di una vera e propria ondata d’innovazione permanente.
Quando si parla di AI e musica, basti pensare a come l’Ai generativa sia entrata in studio (e sul palco) in maniera importante. Nuovi algoritmi text-to-music o integrati in DAW stanno spostando parte del lavoro creativo verso prompt e parametri anziché tracce e take tradizionali. Parallelamente, servizi di mastering one-click (LANDR, Masterchannel) sfruttano reti neurali addestrate su milioni di brani per consegnare mix “radio-ready” in pochi minuti, democratizzando fasi una volta riservate a ingegneri esperti.
Anche l’ascolto è cambiato: il salto dal “mono” allo “stereo 3D” sta avvenendo ora: oltre il 90 % degli utenti Apple Music ha già ascoltato contenuti in Spatial Audio, mentre la piattaforma riconosce un bonus royalty del 10 % ai brani in Dolby Atmos, incentivando etichette e indie a remixare i cataloghi.
La collaborazione in tempo reale – audio a latenza quasi zero, versioning automatico, commenti in-app – è diventata la norma grazie a sessioni condivise su browser e plug-in cloud.
Questi sono solo alcune delle innovazioni di oggi. Per musicisti e professionisti significa ripensare workflow, competenze e diritti; per gli ascoltatori, prepararsi a esperienze sempre più personalizzate e multisensoriali.
AI e musica: scrivere canzoni di questi tempi
In questa newsletter oltre a ragionare su teorie, ci poniamo l’obiettivo di imparare chiedendo a chi effettivamente le cose le fa. E qualche settimana fa ho chiesto di più su questo tema ad un caro amico che è anche stato una delle prime persone che ho avuto il piacere di intervistare in vita mia (tanti e tanti anni fa).
Emanuele Barbati (no, non siamo parenti lo dico subito :P) è un talentoso cantautore pugliese di Taranto, laureato in Musicologia e Beni Culturali, che miscela lirismo pop e sensibilità indie. Qui il suo Spotify.
Nel 2017 è salito sul podio del Premio Lunezia tra i tre migliori autori emergenti, confermandosi una penna da tenere d’occhio e dopo le prime uscite (“Loto”, “Tutto o Niente”), ha inaugurato una nuova fase con il collettivo artistico L’Émancipation, firmando i singoli “Parigi” e “E poi mi trovi.
I suoi brani, composti tra Taranto, Milano e Parigi, intrecciano pianoforte, synth anni ’70 e riferimenti alla pittura di Van Gogh e Modigliani. E proprio da questa creatività parte la nostra intervista.
Sappiamo come la tecnologia stia cambiando tutto sia dal punto di vista della promozione che di quello creativo. Proverei a soffermarmi su quest’ultimo aspetto chiedendoti come nasce una tua canzone oggi. E cos’è cambiato rispetto a 10 anni fa nel tuo processo personale di composizione.
Cerco di interrogarmi spesso su come sia cambiato il mio modo di approcciarmi alla scrittura rispetto a 10 anni fa, se si pensa a questi ultimi anni non si può non notare il cambiamento totale dovuto soprattutto allo streaming che ha stravolto il modo di ascoltare ma anche il modo di comporre.
Servizi come spotify incentivano e anzi direi obbligano gli artisti a uscire costantemente con singoli nuovi creando un numero sempre più crescente di uscite settimanali che ingolfano qualsiasi servizio musicale facendo diventare impossibile scoprire nuova musica, di conseguenza risulta molto difficile capire come farsi spazio, per questo è anche cambiata la promozione che si fa ai singoli e ai dischi, siamo in un momento di grandissima confusione in cui sembra che qualsiasi strategia comunicativa vada a schiantarsi con un muro di contenuti fatti per intrattenere il pubblico dei social ed è per questo che assurdamente viene chiesto all’artista di essere anche un cabarettista, un divulgatore, un influencer, un food blogger, e allora mi chiedo in tutto questo dove si trova il tempo per scrivere una buona canzone! Che è l’unica cosa di cui dovremmo preoccuparci.
Quindi alla fine della fiera di certo scrivo molto meno e dopo essermi preoccupato di capire cosa possa piacere alla gente mi chiedo spesso cosa mi piace e come farlo arrivare in maniera artistica a chi mi ascolta.
Parlando proprio della velocità di oggi, tu quanto tempo lasci passare tra la composizione di un brano e la decisione di produrlo. E come scegli le canzoni da inserire nei tuoi album?
Io ho un mio piccolo home studio, quindi quando scrivo qualcosa che mi piace faccio subito una pre-produzione che di solito è molto simile a quello che poi registreremo in studio di registrazione con i produttori.
A volte però mi capita di andare a ripescare tra brani che ho scritto qualche anno prima e vedere se stanno bene con un certo filo rosso che poi accompagna tutta l’ideazione di un disco. Altro discorso è quanto passa da quando la produciamo a quando poi viene distribuita in maniera ufficiale: questo dipende molto dalle scelte che si fanno con l’agenzia di comunicazione, dipende da quale periodo dell’anno si sceglie per l’uscita.
Ad esempio stiamo pensando di far uscire un singolo che abbiamo prodotto un paio di settimane fa e ho brani già finiti da un anno che usciranno più avanti.
Le nuove tecnologie appunto, permettono di avere la possibilità di avere un proprio home studio e sempre più artisti si autoproducono. Importante farlo bene e garantire una buona qualità. Sui tuoi social mostri spesso delle scene di registrazione. Come si svolge normalmente la tua fase di produzione musicale? E se c’è un app, un plugin o un servizio che secondo te ogni artista oggi dovrebbe usare?
Partiamo dal presupposto che chi scrive una canzone dovrebbe sapere come “funzionano” quanti più strumenti possibili. Anche saper suonare quanti più strumenti possibili apre moltissimi scenari sulla composizione di un brano. Ad esempio: ci sono moltissimi plu-in che riproducono fedelmente suoni di batteria difficilmente replicabili in home studio, ma ovviamente per saper usare bene il plug in devi sapere cosa farebbe un batterista, così vale per altri strumenti.
Quando scrivo una nuova canzone parto sempre da uno strumento, o la chitarra o il pianoforte, una volta definita la struttura cerco di capire cosa vorrei che facesse la batteria, poi il basso, i cori, e gli altri strumenti che immagino possano andare bene
Con i vari plug in registro il brano quanto più fedele ad una versione che mi soddisfi, poi lo faccio ascoltare ai musicisti che registreranno le parti nello studio di registrazione ed insieme al produttore decidiamo quali arrangiamenti tenere e quali aggiungere.
Nel tempo hai avuto modo di collaborare con diversi artisti. Come nascono nel tuo caso queste collaborazioni?
Quasi sempre nascono da amici in comune che ascoltando un brano dicono “questa dovresti farla con…” a me è successo così sia per i kaufman che per i Boomdabash, poi ci siamo conosciuti, abbiamo collaborato ai brani facendo nascere rapporti rimasti nel tempo.
E forse, basandoci proprio su queste parole di Emanuele, possiamo dire che la tendenza più significativa della tecnologia musicale non è un nuovo plug-in o l’ennesimo algoritmo, ma la sua capacità di creare ponti: moltiplicare gli incontri e contaminare le idee.
I tanti featuring di artisti famosi riportano infatti l’attenzione sul bisogno di costruire relazioni e finché metteremo le persone – e non solo i device – al centro del processo creativo, la musica continuerà a evolversi senza perdere la propria anima.
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